A Palermo ci si ribella, si lotta e si vince contro il racket, anche a Brancaccio, teatro della morte di don Pino Puglisi. La Squadra Mobile ha appena arrestato 34 presunti affiliati al clan che fu dei fratelli Graviano. E tra gli atti d’accusa vi sono anche le testimonianze di tre commercianti. Due si sono presentati innanzi alla Polizia subito dopo la richiesta del pizzo. Un altro è stato invece convocato, e ha subito deciso di collaborare. Uno dei tre è un restauratore di mobili antichi, un artigiano onesto e lavoratore, che è stato accompagnato alla Squadra Mobile da Totò Cernigliaro, presidente della cooperativa Solidaria, che commenta: “E’ un segnale di speranza, ma c’è ancora tanto da fare, soprattutto in una realtà come quella di Brancaccio, che è risultata oggetto di una pressione mafiosa fortissima”. Infatti, al restauratore di mobili si è presentato nel Natale del 2014 il primo esattore del pizzo, e ha chiesto soldi per comprare delle cassate per i carcerati. Poi un altro. Poi ha ricevuto una lettera di minacce, con due croci e due proiettili calibro 38 special. Lui, l’artigiano, ha denunciato le estorsioni. E loro hanno proseguito. Uno si è ripresentato: “M’ha dari sempre i picciuli, ti pare ca finiu cca?”. Adesso l’artigiano ha riconosciuto in fotografia uno dei suoi strozzini, arrestato lo scorso 19 luglio, il giorno del blitz che ha azzerato la cosca di Brancaccio. Un altro dei tre è un imprenditore edile, che si è imbattuto in un altro esattore, che si è presentato durante dei lavori di ristrutturazione di un condominio, in via Messina Marine, e si è rivolto così all’imprenditore: “Devi fare un regaluccio. Io a mani vuote non ci posso tornare. Dimmi quello che gli devo andare a riferire”. E sono parole registrate casualmente, grazie a una cimice piazzata nello stesso luogo per altre ragioni investigative. Il terzo dei tre è il titolare di un panificio a Brancaccio, che ha denunciato i danni subiti e ha disegnato le impronte per risalire agli esattori. Nelle intercettazioni tra le pagine dell’inchiesta della Squadra Mobile vi è il nome di altri 11 commercianti che ancora non hanno saltato il fosso. E l’associazione Addiopizzo gli ha scritto una lettera, un appello a collaborare con la Polizia e i Magistrati. E nella lettera si legge: “Carissimo commerciante, abbiamo deciso di scriverle per manifestare la nostra vicinanza. Le siamo solidali anche perché pensiamo che soltanto uniti potremo vincere la piaga del racket delle estorsioni e dell’intimidazione mafiosa. Fra qualche giorno, probabilmente, sarà interrogato dagli inquirenti e potrà ammettere e collaborare, facilitando le indagini, o negare a fronte di prove evidenti e rischiare di subire l’incriminazione per favoreggiamento. Una decisione difficile, soprattutto se vissuta in solitudine. Prima che lei compia tale scelta le chiediamo di ascoltarci. Abbiamo già aiutato molti commercianti ad uscirne in modo sicuro, e le garantiamo la massima riservatezza. E’ una scelta di libertà. Perché questo periodo di difficoltà potrebbe divenire l’opportunità di una scelta vincente e decisiva”.