Come ormai tendenza consolidata nel tempo, secondo quanto emerge dal rapporto “Ecomafia 2017” di Legambiente, le regioni del sud, la Campania, seguita da Sicilia, Puglia e Calabria, si confermano ai primi posti nella classifica per numero di illeciti ambientali, sebbene le attività criminali in tale settore spesso siano radicate anche nel nord Italia. Infatti, la Lombardia è la prima regione per numero di indagini in corso. Nel complesso, a distanza di due anni dall’entrata in vigore della legge sugli eco-reati, sono diminuiti gli illeciti ambientali e il fatturato delle attività criminali che se ne ricava. E sono dati che lasciano ben sperare, visto che solo nel 2016 sono stati 25.889 i reati ambientali accertati su tutto il territorio nazionale, 71 al giorno, circa 3 ogni ora.
”Quest’anno – dichiara la presidente nazionale di Legambiente Rossella Muroni – il rapporto ci restituisce una fotografia che non ha solo tinte fosche ma anche colori di speranza grazie soprattutto alla legge che ha introdotto nel codice penale i delitti ambientali e che ha contributo a renderci un Paese normale, dove chi inquina finalmente paga per quello che ha fatto. Ora è importante proseguire su questa strada non fermandosi ai primi risultati ottenuti, ma andando avanti investendo maggiori risorse soprattutto sulla formazione degli operatori dedicati ai controlli e dando gambe forti alle Agenzie regionali di protezione ambientale, che stanno ancora aspettando l’approvazione dei decreti attuativi”.
In ogni regione, mafia, corruzione e appalti truccati sono soltanto la punta dell’iceberg.
Nello specifico, in Sicilia, i problemi riguardano prevalentemente l’abusivismo edilizio; basta guardare il caso Licata, che sul proprio territorio ha 17.000 case illegali, di cui 400 sorgono entro la fascia di inedificabilità assoluta dei 150 metri dal mare.
E poi l’illegalità nel ciclo dei rifiuti speciali che, anziché essere trattati e gestiti secondo le norme di sicurezza ambientale e sanitaria, sono nascosti e così avvelenano l’aria, le falde acquifere, i fiumi e le coltivazioni agricole, minacciano la salute dei cittadini, contaminando con metalli pesanti, diossine e altre sostanze cancerogene i prodotti alimentari.
Infine c’è la piaga degli incendi dolosi. La Sicilia si piazza al terzo posto, con ben 735 infrazioni (il 15,9% del totale).
Lo scenario, pertanto, appare drammaticamente lontano da un sostanziale miglioramento e, di certo, il tempo di applicazione del nuovo dispositivo di legge risulta essere ancora insufficiente per arginare un fenomeno come quello delle ecomafie, diffuso a livello internazionale.