A Palermo, all’ospedale “Villa Sofia”, Filippo Chiarello, 38 anni, commerciante, sposato e padre di due bambini di 8 e 3 anni, ricoverato perché con dolori lancinanti allo stomaco, è morto 48 ore dopo una laparoscopia per rimuovere dei calcoli alla colecisti. Il chirurgo gli ha reciso l’aorta addominale e gli ha perforato l’intestino. Lui, il medico, 47 anni di età, ha cancellato il suo profilo dalla pagina Facebook, non dorme, è disperato e si dispera così sul morto: “Mi sarei messo al suo posto. Ho amato quell’uomo più di sua moglie, ho fatto di tutto per salvargli la vita. Lo giuro. Non mi do pace, la mia vita è distrutta, perché ho eseguito centinaia di laparoscopie nella mia carriera e non ho registrato mai nemmeno un sanguinamento.” Poi, il medico ricorda l’intervento: “Ho introdotto il primo strumento chirurgico, il Trocar, ed è stata la fine. E’ stato un errore tecnico. Non riesco a farmene una ragione. Salviamo mille vite ma quando una persona muore ci roviniamo l’esistenza. Quello che è accaduto in sala operatoria è un incidente, ma alla guida dell’auto c’ero io.” Il medico ha 20 anni di carriera alla spalle e quando si è accorto dell’errore ha tentato di rimediare praticando l’intervento chirurgico tradizionale, con il taglio. “Ma – ricorda ancora il medico – il paziente ha perso tantissimo sangue. Siamo stati anche sfortunati, non trovavamo in tutta la città sangue del suo gruppo. La colecisti era comunque da togliere, era infettata. Quando ho concluso e sono stato costretto a gettare la spugna, ho spalancato le porte della sala operatoria, ho allargato le braccia e ho detto che era colpa mia. Mi sono sentito morire dentro : sulle facce dei parenti ho visto dipinta la disperazione. Mi assumo la responsabilità ma ci tengo a far sapere che non ero distratto, ero concentrato. La verità è che può capitare e i rischi degli interventi in laparoscopia sono dietro l’angolo.” Adesso, l’epilogo, e ancora le parole del medico: “Me ne sono andato e non ho intenzione, al momento, di tornare. Ho dedicato la vita al lavoro e per questo ho scritto per filo e per segno tutto quello che è successo in sala operatoria. Non ho nascosto nulla. Ero contento perché dal primo aprile ero stato destinato a Villa Sofia, dopo anni trascorsi nell’ospedale di una piccola cittadina ma con molte soddisfazioni.”