Il 14 settembre 2016 la Cassazione ha annullato con rinvio a un altro giudice per le udienze preliminari del Tribunale di Catania la sentenza di “non luogo a procedere” emessa, il 21 dicembre 2015, dalla giudice delle udienze preliminari Gaetana Bernabò Distefano a favore dell’editore de “La Sicilia” Mario Ciancio Sanfilippo, imputato di concorso esterno in associazione mafiosa. Contro il proscioglimento di Ciancio hanno presentato ricorso la Procura di Catania e i due fratelli del commissario di polizia Beppe Montana ucciso dalla mafia, Dario e Gerlando. Pertanto si svolge un secondo procedimento innanzi al Giudice per le udienze preliminari del Tribunale di Catania. E la Procura di Catania, tramite i pubblici ministeri Antonino Fanara e Agata Santonocito, ha ribadito alla giudice Loredana Pezzino la richiesta di rinvio a giudizio di Ciancio, iscritto nel registro degli indagati dal novembre 2010. La prossima udienza è in calendario il 22 febbraio quando interverranno gli avvocati delle parti civili che sono i fratelli del commissario Montana e l’Ordine dei Giornalisti di Sicilia. Poi, il 15 marzo, sarà la volta degli avvocati della difesa. In principio, la Procura di Catania ha chiesto l’archiviazione delle accuse a Ciancio, ma il Giudice per le indagini preliminari ha sollecitato ulteriori indagini. Dunque, la Procura ha proposto il rinvio a giudizio di Mario Ciancio Sanfilippo sulla base di alcuni episodi che iniziano negli anni ’70 e si protraggono nel tempo fino ad anni recenti, e riguardano la partecipazione ad iniziative imprenditoriali nelle quali risulterebbero coinvolti interessi riconducibili all’organizzazione Cosa Nostra. E poi, il 22 dicembre 2015 il Giudice per le udienze preliminari del Tribunale di Catania ha disposto il non luogo a procedere. Il 18 giugno 2015 Ciancio ha subito, ad opera dei Carabinieri del Ros, il sequestro di beni per 17 milioni di euro: 12 milioni di euro in una banca in Svizzera, tra titoli e azioni, e altri 5 milioni di euro in una banca catanese. E lui, Ciancio, ritenuto il più potente editore del sud Italia, ha replicato così: “È tutto alla luce del sole. Si tratta di somme ereditate e mantenute in Svizzera, versate sin dagli anni 60 e 70, e sono state per oltre 40 anni senza movimentazione. E, non essendoci alcun mistero, non sono ricorso al segreto bancario ma ho autorizzato senza riserve la Procura svizzera a collaborare con la magistratura italiana.”